Se il gioco diventa un azzardo

Qualche tempo fa, ha destato scalpore una ricerca sul gioco d’azzardo che ha evidenziato come in Italia, in un anno, siano stati giocati oltre 100 miliardi di euro. Questo studio ha rilevato, altresì, come questo problema sia ampiamente diffuso soprattutto nei piccoli centri urbani.

Ma, nel dettaglio, di cosa stiamo parlando? Innanzitutto va chiarito che il confine tra gioco normale e gioco patologico è molto sottile. Nella prima categoria rientra colui che gioca adeguatamente, per un breve periodo o occasionalmente con perdite limitate.

Il gioco diventa patologico nel momento in cui l’impulso di giocare rappresenta un’esigenza tale da sacrificare il tempo e le risorse per i propri cari e per il proprio lavoro, fino a mettere in pericolo quelle che sono le relazioni significative e la propria carriera. La persona, col tempo, ha sempre più bisogno di quantità crescenti di denaro per ottenere l’eccitazione desiderata, ha pensieri ricorrenti e persistenti sul gioco ed è irritabile se tenta di ridurre o smettere di giocare. Ecco che il gioco si è trasformato in una vera e propria dipendenza: la ludopatia. Le bugie, volte a coprire la portata del gioco e delle perdite, si intensificano. Depressione e stati d’ansia diventano sempre più ricorrenti.

Si entra in una spirale negativa che ha conseguenze sul giocatore stesso, sulla sua famiglia, sugli amici e sull’intera comunità. Come si diventa giocatore d’azzardo?

Alla base ci sono le cosiddette “convinzioni errate”, che portano la persona ad essere certa: che la biglia della roulette, dopo essere finita su di un numero nero, debba finire sul rosso; che i numeri “ritardatari” del lotto, non essendo estratti da diverse settimane, usciranno presto. Un altro esempio ancora? Avere la certezza del fatto che se una persona si è “sistemata” per sempre grazie al gioco, allora <>.

Tutto ciò accade perché abbiamo la tendenza a ricordare più facilmente le vittorie (che coinvolgono noi stessi e gli altri) anziché le sconfitte, in quanto la memoria tende a conservare in modo indelebile soprattutto gli eventi più rari, come sono appunto le vincite.

Per tali ragioni è di fondamentale importanza saper riconoscere quando si supera il sottile confine tra gioco normale e patologico, individuando quelle convinzioni errate che inconsapevolmente si insinuano nella mente e ricordandosi che chiedere aiuto non è mai un segno di debolezza ma un atto di coraggio.

Dott. Danilo Selvaggio, Psicologo

Articolo apparso sul mensile "Fuoriporta" gennaio 2020

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